Nel precedente articolo di questa serie abbiamo affrontato il primo punto (l’autoconoscenza) di questo percorso in tre fasi che porta alla definizione del portafoglio ideale per ciascun investitore non professionista che desideri investire in autonomia. Ora esamineremo più dettagliatamente il secondo passo, che consiste nell’acquisire le conoscenze dei mercati finanziari necessarie per passare all’azione e costruire materialmente il portafoglio, cosa che faremo con il terzo passaggio.
La conoscenza più importante
Già all’interno del precedente articolo, abbiamo elencato una serie di concetti che un investitore deve sapere per poter progettare, realizzare e seguire in prima persona il proprio portafoglio finanziario. Li ripetiamo qui per comodità dei lettori:
- Conoscenza delle diverse tipologie di rendimento: semplice, composto, nominale e reale.
- Differenziazione tra le principali categorie di strumenti finanziari: obbligazioni, azioni, derivati.
- Distinzione tra strumenti finanziari e prodotti finanziari.
- Comprendere il funzionamento base dei principali prodotti finanziari.
- Differenza tra prodotti finanziari e servizi finanziari.
- Comprensione dei costi associati ai prodotti e servizi di investimento.
- Nozioni pratiche sulla negoziazione di titoli sui mercati finanziari: tipologie di ordine, il book, i diversi mercati di negoziazione.
- Distinzione tra gestione attiva e gestione passiva o indicizzata.
- Relazione inversa tra tassi di interesse e prezzi delle obbligazioni.
- Nozioni sul rischio di credito e i rating.
- Comprendere la curva dei tassi di interesse.
- Differenze tra obbligazioni a tasso fisso, variabile e indicizzato all’inflazione.
- Nozioni sull’impatto della valuta negli investimenti finanziari.
- Comprendere l’investimento in azioni.
- Come diversificare i portafogli finanziari.
- Nozioni sulla scelta degli ETF.
- Realistiche aspettative sui rendimenti e le fluttuazioni di azioni e obbligazioni.
- Nozioni sulle principali tecniche di ribilanciamento del portafoglio.
- Nozioni sulla teoria dei mercati finanziari.
Queste sono tutte nozioni indispensabili che diamo per scontate se un investitore vuole fare in autonomia le scelte finanziarie, ma più importante ancora dei concetti che ci aiutano a capire cosa fare sono i concetti che ci aiutano a capire cosa NON dobbiamo fare.
Gli step pratici, operativi, che inizieremo ad affrontare dai prossimi articoli danno per scontato che l’investitore, oltre ad aver maturato una serie di conoscenze più nozionistiche, come quelle sopra elencate e che potrà acquisire attraverso svariati corsi on-line che si trovano anche a costi relativamente contenuti, deve aver maturato una consapevolezza finanziaria che lo porta ad escludere tutta una serie di comportamenti dannosi che tipicamente fanno gli investitori non professionisti alle prime armi.
La conoscenza più importante in finanza, quindi, non è quella che ci offre la sensazione di aver finalmente capito cosa fare per investire bene, ma quella che ci fa capire quello che certamente non bisogna fare per evitare problemi. Ciascuno dei prossimi paragrafi sarà dedicato a questo genere di conoscenza.
Scegliere in base alle previsioni (proprie o di altri)
Un comportamento tipico nel mondo della finanza consiste nel credere che, se si verifica un evento A, seguirà un evento B, mentre gli eventi C, D, E e F non si verificheranno. Si fa poi un’ulteriore supposizione: se l’evento B si realizza, il prezzo di un determinato strumento finanziario, chiamiamolo X, aumenterà o diminuirà. Basandosi su quest’ultima ipotesi, si tenta di anticipare il movimento di prezzo di X: si compra se non è già nel portafoglio e si prevede un aumento di prezzo, o si vende se si prevede un calo.
Il problema di questa strategia è che richiede di avere ragione due volte consecutive. Il teorema delle probabilità composte ci insegna che le probabilità si riducono significativamente quando combinate. Infatti, la probabilità finale di una serie di eventi è il prodotto delle probabilità individuali. Poiché le probabilità sono espresse in percentuale, moltiplicare due percentuali genera sempre un numero più piccolo.
So che a questo punto un po’ di lettori si saranno già stufati per l’accenno alla matematica e probabilmente avranno abbandonato la lettura dell’articolo. Penso che questo sia un bene. Se vuoi essere un investitore indipendente, se vuoi fare le scelte finanziarie in autonomia, due calcoli in croce li devi saper fare, altrimenti ci sono i “fuffaguru” che propongono formuline magiche per diventare ricchi o forniscono i “titolini buoni” che saliranno nei prossimi tre mesi. Con quelli non c’è bisogno di accendere il cervello…
Torniamo alle probabilità combinate. Supponiamo che la probabilità che l’evento A porti all’evento B sia del 70%, un valore molto alto. Successivamente, consideriamo una probabilità del 50% che, a seguito dell’evento B, il prezzo di X si muova nella direzione prevista. Questa percentuale è considerevole, dato che un prezzo può salire, scendere o rimanere stabile. Senza alcuna influenza dell’evento B, la probabilità sarebbe di circa il 33%. Di conseguenza, la probabilità combinata è solo del 35%. In pratica, anche con probabilità favorevoli, due volte su tre le previsioni saranno errate.
La lezione da imparare è chiara: evitare di basare le scelte finanziarie su previsioni. Se sei ancora nella fase in cui scegli gli investimenti sperando in un aumento o una diminuzione perché “qualcuno lo ha detto” o per un semplice “ragionamento finanziario”, ti consiglio di interrompere la lettura. Non sei ancora pronto. Fai le tue esperienze. Quando avrai compreso, attraverso l’esperienza diretta, che è dannoso basarsi sulle previsioni, sarai libero di fare scelte finanziarie sensate e sostenibili.
Un portafoglio finanziario va costruito per essere resiliente a vari scenari: sia che si verifichi l’evento B, sia che accada uno degli eventi alternativi (C, D, E o F), e indipendentemente dal movimento del prezzo di X. L’obiettivo è ottenere un risultato complessivamente accettabile, in linea con gli obiettivi di vita e le necessità finanziarie. L’abilità nel costruire portafogli finanziari efficaci non dipende dalla capacità di prevedere il movimento dei prezzi. Al contrario, si basa sulla comprensione che nessuno può prevedere con certezza l’andamento dei mercati.
Scegliere in base al (presunto) rendimento
Un investitore inesperto tende spontaneamente a selezionare strumenti finanziari basandosi sulla loro potenziale capacità di generare il miglior rendimento. Sembra una scelta ovvia e scontata; tuttavia, nel mondo della finanza, nessun rendimento reale è garantito. Anche nel caso di un’obbligazione a tasso fisso emessa da un soggetto altamente affidabile, che offre un rendimento nominale certo, ciò che conta è il rendimento reale, ovvero al netto dell’inflazione. Dato che non possiamo prevedere l’inflazione futura, resta impossibile determinare il rendimento reale effettivo di un investimento.
Gli investitori, inoltre, si affidano spesso ai rendimenti passati per prevedere quelli futuri, ignorando che questi ultimi sono imprevedibili e possono differire notevolmente dai precedenti. Investire basandosi su aspettative irrealistiche porta inevitabilmente a delusioni.
Per un investitore indipendente è essenziale accettare che ogni scelta di investimento comporta primariamente l’accettazione di un certo tipo di rischio. Questo rischio può essere legato alla variazione dei tassi, valutario, all’emittente dello strumento, al gestore, alla strategia adottata, o all’andamento generale dell’economia.
È meno entusiasmante comporre un portafoglio basandosi sui rischi che si è disposti ad accettare, poiché, in astratto, gli investitori preferirebbero non correre alcun rischio, desiderando solo il rendimento. Tuttavia, ragionare in termini di quali rischi compongono il portafoglio porta a scelte molto più sensate e sostenibili nel tempo. Il rischio e il rendimento sono come i due estremi di un bastone: non si può prendere l’uno senza l’altro. In realtà, sono inseparabili, sebbene il nostro linguaggio ci permetta di trattarli come entità distinte.
In sintesi, la questione cruciale nella scelta degli investimenti non è ‘quale rendimento posso aspettarmi?’, ma ‘quali tipi di rischio sto incorporando nel mio portafoglio?’.
Fare la “caccia al tesoro”
Altro comportamento tipico dell’investitore inesperto è andare alla ricerca dello strumento “migliore”. Ad esempio l’obbligazione che rende di più. Il fondo comune gestito meglio. L’ETF che ha reso di più. L’azione con i buoni dividendi. Il certificato, magari a capitale “protetto” (se accadono una serie di condizioni) che ha il miglior rendimento…
L’investitore un po’ più evoluto ha compreso che è semplicemente impossibile poter valutare una opportunità che non sia già stata valutata da altri.
I mercati finanziari sanno fare una sola cosa veramente bene: adeguare i prezzi molto velocemente affinché tutti i calcoli che si possono fare sulla base delle informazioni disponibili siano inclusi nel prezzo. Se un investitore individuale ritiene che uno strumento abbia un rendimento più interessante di uno comparabile la spiegazione di gran lunga più probabile è che non ha correttamente valutato tutti gli aspetti.
Salvo casi eccezionali (che, comunque, un investitore non professionale normalmente non è in grado di scoprire e gestire), quanto parliamo di strumenti liquidi e quotati nei mercati regolamentati, semplicemente non esiste lo strumento che offre, ex-ante, e in astratto, una migliore combinazione di rischio/rendimento rispetto ad un altro.
Invece di perdere tempo nel fare un’inutile (e spesso dannosa) caccia al tesoro, l’investitore non professionale deve capire questi semplici concetti.
- Da cosa stare alla larga. Esiste una regola semplicissima da applicare per evitare fregature: se una tipologia d’investimento è realizzabile solo con una certa banca e non con un’altra, significa che conviene più alla banca che al cliente e quindi bisogna starne alla larga. In generale bisogna evitare tutti i prodotti finanziari collocati direttamente dagli intermediari finanziari. Lo scopo dei prodotti finanziari è assemblare gli strumenti finanziari quotati nei mercati e “confezionarli” in una combinazione di strumenti e storytelling che li renda più attraenti agli investitori inesperti affinché paghino un prezzo per questo assemblaggio. Bisogna quindi evitare tutti i prodotti d’investimento come: i prodotti assicurativi a prevalente contenuto finanziario (polizze unit-linked e simili), le gestioni patrimoniali, i fondi comuni d’investimento a gestione attiva, i certificati d’investimento.
- Cosa evitare fra gli strumenti finanziari quotati. Eliminate il 90% delle proposte d’investimento inefficienti, rimangono comunque migliaia di strumenti d’investimento quotati. Solo fra gli ETF – che sono, di per sé, ottimi strumenti sui quali investire – ci sono migliaia di varianti. In questo settore, la regola da applicare è quella che in inglese è espressa con l’acronimo K.I.S.S. che sta per: Keep It Short and Simple ( altre versioni dell’acronimo, tutte molto simili, sono, Keep it Simple Stupid, Keep it Sweet and Simple, Keep It Simply Smart). In altri termini, l’investitore non professionista deve puntare alla massima semplicità e brevità. L’altra regola da seguire religiosamente negli investimenti finanziari – specialmente per l’investitore che intende fare le scelte in autonomia – è: investire solo ed esclusivamente, senza nessuna eccezione, in cose che si comprendono molto bene. Se applichiamo queste due regole, l’universo degli strumenti teoricamente investibili si riduce più o meno ad una pagina.
Diversificare troppo poco o male
L’aspetto finale che desidero trattare, per capire cosa evitare, è la diversificazione. Un investitore non professionista dovrebbe evitare, o limitarsi a una quota irrisoria del proprio capitale, gli investimenti in azioni singole. Il denaro impiegato in queste azioni da un investitore inesperto dovrebbe essere considerato come il costo di un apprendimento finanziario, utile per abituarsi alle fluttuazioni dei mercati o come un intrattenimento di tipo più “intellettuale”.
Se, per un certo periodo, un investitore comune ottiene rendimenti superiori alla media del mercato, ciò è attribuibile esclusivamente alla fortuna. È improbabile che un investitore, che non dedichi molte ore settimanali allo studio, riesca consistentemente a selezionare azioni che rendano di più di un ETF ben diversificato.
Pertanto, l’approccio più logico per un investitore non professionista è diversificare su tutto il mercato azionario il capitale destinato agli investimenti a lungo termine. Questo è il capitale residuo dopo aver allocato in conti di deposito o titoli di stato (con diverse scadenze) il denaro necessario per coprire spese impreviste (il fondo di emergenza) e le spese pianificate nei prossimi 5-7 anni.
Molti investitori individuali incorrono in rischi specifici non gestibili, investendo in singole obbligazioni aziendali o bancarie, titoli azionari individuali, temi d’investimento troppo specializzati o mercati geografici ristretti, che poi non sanno come amministrare. Il primo errore in tema di diversificazione è quindi una scarsa diversificazione. Invece di affidarsi alla media di mercato, spesso considerata noiosa, si insegue l’illusoria “caccia al tesoro” di cui sopra.
L’altro errore è una diversificazione apparente, che complica inutilmente le cose e può introdurre costi aggiuntivi, sia monetari sia di tempo e informazione. Non è razionale, ad esempio, possedere 10 o 15 fondi (o ETF) azionari, ognuno con lievi differenze. Questo potrebbe sembrare una maggiore diversificazione e quindi un vantaggio, ma in realtà è solo una complicazione inutile.
La parte del portafoglio destinata agli investimenti a lungo termine, idealmente, potrebbe essere composta da un singolo ETF diversificato su migliaia di titoli azionari e obbligazionari. Questo rappresenta già un portafoglio eccellente. Ogni ETF aggiuntivo dovrebbe essere giustificato non dalla diversificazione – poiché il portafoglio è già ottimamente diversificato – ma dal desiderio di assumersi un rischio di mercato diverso rispetto a quello già presente nel “portafoglio di mercato”. Approfondiremo il concetto del “portafoglio di mercato” nei prossimi articoli di questa serie, dove esamineremo più dettagliatamente le scelte da compiere.
Per oggi ci fermiamo qui. Se la lettura vi ha fatto sorgere dubbi o domande vi invito a scrivere sul post di LinkedIn così come vi invito a commentare e a lasciare le vostre osservazioni, anche sull’utilità di questo articolo e della serie.