Le aziende che hanno sede sul territorio nazionale possono certificare l’attuazione di comportamenti etici facendo richiesta di attribuzione del rating di legalità all’Autorità Garante della concorrenza e del mercato. Nei primi otto mesi del 2016 l’interesse verso questo strumento ha registrato una vera e propria impennata: il paragone con il 2015 mostra un trend in crescita sia per le richieste (+30,9%) che le attribuzioni (+39%), le conferme (+311,1%) e l’incremento del punteggio (+155%).
Cos’è il rating di legalità?
Il rating di legalità è uno strumento, introdotto nel 2012, indicativo del rispetto della legalità da parte delle imprese mediante l’attribuzione di un punteggio misurato in “stellette”.
Per ottenere il punteggio minimo l’imprenditore deve rilasciare autocertificazioni circa l’assenza di precedenti penali e/o tributari, il rispetto delle norme a tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro, il rispetto degli obblighi retributivi, contributivi, assicurativi e fiscali nei confronti dei propri dipendenti e collaboratori.
Il regolamento prevede poi ulteriori requisiti che, se rispettati, permettono alle imprese di raggiungere il punteggio massimo di 3 stellette: ad esempio utilizzare sistemi di tracciabilità dei pagamenti anche per importi inferiori rispetto a quelli fissati dalla legge oppure aver adottato strutture o modelli organizzativi per il controllo del rispetto della normativa.
Il rating di legalità ha durata di due anni dal rilascio ed è rinnovabile su richiesta.
Quali sono i vantaggi previsti?
Essere in possesso del rating di legalità conferisce alle imprese vantaggi reputazionali (maggiore trasparenza e visibilità sul mercato) ma anche benefici nei rapporti con le banche e le pubbliche amministrazioni.
Apposito decreto del Mise stabilisce che le pubbliche amministrazioni, in sede di predisposizione dei provvedimenti di concessione di finanziamenti/contributi alle imprese, devono tener conto del rating di legalità prevedendo almeno uno dei seguenti sistemi di premialità: a) preferenza in graduatoria; b) attribuzione di punteggio aggiuntivo; c) riserva di quota delle risorse finanziarie allocate.
Anche le banche devono tener conto della presenza del rating di legalità tra le variabili utilizzate per la valutazione di accesso al credito dell’impresa e nella determinazione delle condizioni economiche di erogazione.
Infine il rating di legalità concorre anche alla determinazione del “rating di impresa” previsto dal Nuovo Codice Appalti.
Qual è lo stato dell’arte?
All’inizio del 2016 la Banca d’Italia ha messo a disposizione i dati aggregati sull’effetto del rating nell’erogazione dei finanziamenti da parte del sistema bancario nel corso del 2014.
Il rating di legalità ha generato benefici a favore delle imprese nel 66% dei casi, sotto forma di migliori condizioni economiche per la concessione del finanziamento, riduzione dei tempi e dei costi di istruttoria.
Nel restante 34% dei casi, invece, il possesso del rating è risultato ininfluente ai fini della concessione del credito a causa dell’alto profilo di rischio attribuito all’impresa.
Le pubbliche amministrazioni hanno tenuto conto del rating di legalità, nella concessione di contributi alle imprese, principalmente mediante l’attribuzione di punteggi di premialità in graduatoria. Molto più raramente sono state disposte delle riserve di fondi a favore di imprese in possesso del rating.
In definitiva si tratta di uno strumento che, sebbene in crescita, deve ancora maturare nella cultura aziendale per determinare numeri più consistenti. Ad oggi infatti, sull’intero territorio nazionale, sono c.a. 2.500 le imprese in possesso di rating. Per raggiungere una maggiore diffusione si rende necessario, oltre ad una maggiora pubblicizzazione, anche un sistema di incentivi più forte e definito.